Commentario biblico unitariano - Giovanni 20,28
"Mio Signore e mio Dio" (Giovanni 20,28)
Questo versetto è spesso usato dai trinitari per sostenere che Gesù sia chiamato Dio nel Nuovo Testamento. Tuttavia, ci sono interpretazioni alternative che non implicano che Tommaso lo abbia considerato Dio. Una possibilità è che “Mio Signore” e “Mio Dio” si riferiscano entrambi a Gesù, ma che “Mio Dio” vada inteso come un titolo di autorità divina, non come riferimento al Dio supremo. Nella cultura e lingua greca dell’epoca, il termine theos era utilizzato con un significato più ampio rispetto al nostro uso moderno, applicato a figure con autorità divina, come governatori o persino il Diavolo. In questo contesto, è plausibile che Tommaso abbia usato il termine per riconoscere l’autorità divina di Gesù senza dichiararlo Dio supremo.
Un’altra interpretazione è che “Mio Signore” si riferisca a Gesù e “Mio Dio” al Padre, che operava attraverso Gesù. Nel Nuovo Testamento, “Dio” si riferisce quasi sempre al Padre, mentre “Signore” si riferisce a Gesù. Inoltre, Gesù stesso distingue tra sé e Dio, come dimostra Giovanni 20:17, dove parla di “Dio mio e Dio vostro.” Questo suggerisce che sarebbe incoerente confondere le due figure nel versetto in questione.
L’idea che Tommaso stesse dichiarando Gesù Dio è contraria anche alla comprensione degli altri discepoli, che vedevano la resurrezione come prova che Dio aveva risuscitato Gesù, non come dimostrazione della sua divinità. Gesù non aveva insegnato ai discepoli di essere Dio, ma piuttosto che il Padre operava attraverso di lui. Inoltre, né Gesù né l’autore Giovanni sottolineano questa dichiarazione come una rivelazione della divinità di Gesù. Gesù elogia la fede di Tommaso senza fare riferimento alla sua divinità, e Giovanni conclude affermando che il suo scopo era dimostrare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, non Dio stesso.
In sintesi, il contesto e la cultura del tempo suggeriscono che le parole di Tommaso non costituiscano una dichiarazione della divinità di Gesù, ma un riconoscimento della sua autorità divina o un riferimento al Padre.
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