Gesù: "Dio il Figlio" o "Figlio di Dio"? - Seconda parte

di Fred Pearce


A volte si obietta che i passi che abbiamo citato si riferiscono tutti a Gesù "nei giorni della sua carne", come uomo, e non possono essere applicati a lui nel suo stato esaltato. Esaminiamo cosa dice la Scrittura. Arrivò il momento in cui Gesù fu risuscitato dai morti; la sua natura mortale fu trasformata in immortalità; e ascese al cielo, per sedersi nel posto d'onore alla destra del Padre:
"Egli si è umiliato, facendosi obbediente fino alla morte... Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi... e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre" (Filippesi 2:8-11).

L'esaltazione di Gesù a un posto d'onore in cielo fu opera del Padre. È Lui che deve essere glorificato. Tutti gli eventi decisivi nella vita di Gesù sono attribuiti a Dio Padre. È Dio che ha fatto di Gesù "sia Signore che Cristo" e lo ha designato "giudice dei vivi e dei morti" (Atti 2:36; 10:42).

Molte volte gli apostoli si riferiscono a Dio e a Gesù nella loro attuale relazione in cielo. Ecco come lo fanno:
"Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (Romani 1:7).
Questa formulazione precisa si ripete in molte delle epistole. In Efesini troviamo:
"Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo... il Dio del nostro Signore Gesù Cristo" (1:3,17).

Ogni volta che si fa riferimento a Dio e a Gesù in cielo, essi sono sempre presentati come due Persone distinte, e la priorità è sempre data al Padre.

Di particolare interesse è il Libro dell'Apocalisse, dato attraverso l'apostolo Giovanni, databile quasi certamente intorno al 90 d.C. o poco dopo. In esso vi sono esempi del Signore risorto ed esaltato che si riferisce direttamente alla sua relazione con Dio Padre. Notate come questa rivelazione inizia:
"Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere presto..." (Apocalisse 1:1).

Nei primi capitoli Gesù si rivolge direttamente "alle sette chiese che sono in Asia" (v.4) e si riferisce in varie occasioni a Dio suo Padre:
"A chi vince... confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli" (3:5; si veda anche vv. 12, 21).

Queste parole di Gesù stesso furono pronunciate circa 60 anni dopo la sua ascensione al cielo. Descrivono quindi la sua relazione con Dio nel suo stato glorificato. Il senso generale è chiaro: è Dio Padre che ha l'autorità suprema; è Lui che dà la rivelazione a Suo Figlio; è il Suo trono che il Figlio condivide; ed è Lui che il Figlio riconosce come "mio Dio". Non c'è alcun suggerimento di "coeguaglianza" in queste dichiarazioni molto significative.

Ma il commento più straordinario sull'autorità del Padre si trova nella descrizione dell'apostolo Paolo del regno di Cristo in 1 Corinzi 15:
"Poi verrà la fine, quando consegnerà il regno a Dio Padre... E quando tutte le cose gli saranno state sottoposte, allora anche il Figlio stesso si sottoporrà a colui che gli ha sottoposto tutte le cose, affinché Dio sia tutto in tutti" (vv. 24-28).

La subordinazione del Figlio glorificato a Dio Padre non potrebbe essere espressa più chiaramente. Infatti, alla fine, sarà Dio, il Padre, ad essere "tutto in tutti".




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