Commentario biblico unitariano - Filippesi 2,5-8
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Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. (Filippesi 2,5-8).
Questo passaggio della lettera di Paolo ai Filippesi è centrale per la dottrina trinitaria, ma ha suscitato discussioni e interpretazioni diverse, anche tra i trinitari. Il termine greco morphē ("forma") è stato al centro del dibattito: molti sostengono che indichi la natura essenziale di Cristo come Dio, ma studi lessicali e contesti culturali suggeriscono che si riferisca più all'apparenza esteriore o al ruolo assunto.
L’apostolo Paolo descrive Gesù come “in forma di Dio”, un’espressione che non può indicare un aspetto fisico, dato che Gesù non apparve tra gli uomini come essere immortale. Questa frase sottolinea che, pur avendo l'aspetto di Dio, Gesù non considerò l'uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare. A differenza di Adamo, che cercò di essere come Dio seguendo la propria volontà, Gesù si svuotò volontariamente, assumendo la forma di servo e umiliandosi fino alla morte sulla croce.
Gesù manifestò l'autorità di Dio tra gli uomini come Emmanuele (“Dio con noi”), adempiendo al ruolo del “Servo del Signore” profetizzato da Isaia. Pur essendo il Figlio di Dio, fu pienamente uomo, condividendo carne, sangue e tentazioni umane (Ebrei 2:14, 17; 4:15). Questa umiltà non solo redime l'umanità, ma costituisce un esempio concreto di fede, obbedienza e servizio.
Paolo chiarisce che Gesù non cercò di conquistare un’uguaglianza con Dio, ma che questa gli fu conferita come ricompensa per il suo fedele servizio: “Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome” (Filippesi 2:9-11). Tuttavia, questa uguaglianza resta subordinata alla gloria di Dio Padre.
La dottrina della duplice natura di Cristo, come pienamente Dio e pienamente uomo, può apparire problematica per alcuni, poiché sembra rendere difficile l’identificazione umana con Cristo. Tuttavia, proprio come “immagine di Dio”, Gesù dimostrò che è possibile vivere secondo la volontà di Dio. La sua umiltà si contrappone alla disobbedienza di Adamo ed Eva e invita i credenti a seguire il suo esempio. Paolo esorta i cristiani a imitare la stessa umiltà e obbedienza di Gesù, che sono al cuore della vita cristiana.
Il testo di Filippesi 2,5-8 enfatizza l'umiltà di Cristo. Egli, pur avendo la forma di Dio, scelse di vivere come uomo, obbedendo al Padre fino alla morte. Questo esempio di umiltà e servizio è il modello che Paolo propone ai Filippesi per superare ambizioni e conflitti nella comunità. Cristo rappresentava perfettamente Dio non perché fosse Dio, ma perché rifletteva pienamente la volontà e il carattere divini.
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