Un uomo posto sotto autorità
Quando leggiamo i resoconti storici nelle Scritture, è importante ricordare che non si tratta di favole o storie inventate con una morale finale, ma di racconti reali su persone reali che agiscono in un tempo reale.
Matteo 8:5-13 e Luca 7:1-10 riportano in parallelo un episodio della vita di Gesù mentre insegnava e predicava nella regione della Galilea. La sua fama si era diffusa in tutta la regione, come indicato in Matteo 4:23-25. Si potrebbe dire che Gesù fosse al centro dell'attenzione e dell'interesse collettivo.
In questo contesto, c'era un centurione romano di stanza a Cafarnao. Come centurione, egli faceva parte di una coorte romana più grande (composta da sei centurie e pari a un decimo di una legione). Questo centurione aveva un servo che, secondo Matteo, era "paralizzato, gravemente tormentato" e, secondo Luca, "malato e prossimo alla morte".
Venuto a sapere di Gesù, dei miracoli che compiva e degli insegnamenti che proclamava, il centurione inviò dei messaggeri come suoi rappresentanti per chiedere a Gesù di venire a guarire il suo servo. Gesù si mise in cammino verso la casa del centurione. Quando si avvicinò, il centurione inviò amici a incontrarlo, e il resoconto in Luca 7 prosegue:
6 Gesù andò con loro. Ma quando non era ancora lontano dalla casa, il centurione mandò degli amici a dirgli: «Signore, non disturbarti, perché non sono degno che tu entri sotto il mio tetto.
7 Per questo non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma dì soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito.
8 Perché anch’io sono un uomo posto sotto autorità, e ho dei soldati sotto di me; e dico a uno: ‘Va’, ed egli va; e a un altro: ‘Vieni’, ed egli viene; e al mio servo: ‘Fa’ questo’, ed egli lo fa».
9 Quando Gesù udì queste cose, si meravigliò di lui e, voltandosi verso la folla che lo seguiva, disse: «Vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande».
– Luca 7:6-9
Non sappiamo se questo centurione fosse un credente in Yahweh, ma dal racconto vediamo che rispettava gli ebrei, avendo finanziato e costruito una sinagoga a Cafarnao. Egli riconosceva che Gesù era un uomo santo che manifestava il potere di Dio (o, quantomeno, di un dio a lui sconosciuto) e mostrò umiltà e rispetto nei confronti di Gesù dicendo: "Signore, non disturbarti, perché non sono degno che tu entri sotto il mio tetto" e "Non mi sono ritenuto degno di venire da te". Tuttavia, non si rivolse a Gesù come un dio né come qualcuno uguale a Dio.
La seconda parte del versetto 7 e il versetto 8 mostrano che il centurione comprendeva pienamente la catena di comando, come era giusto che fosse. Come soldato sotto l’autorità di un superiore (il Pilus Prior, il centurione anziano della coorte), eseguiva gli ordini con precisione e si aspettava che i suoi sottoposti facessero lo stesso. Allo stesso modo, egli riconosceva che Gesù, parlando con autorità divina, avrebbe potuto guarire il suo servo semplicemente pronunciando una parola.
In particolare, il centurione disse: "Perché anch’io sono un uomo posto sotto autorità". Qui il termine "anch’io" (καὶ) crea un parallelo tra il centurione e Gesù: entrambi erano sotto autorità e investiti del potere di comandare. Il centurione comprese che Gesù agiva sotto l’autorità di Yahweh e che, impartendo un ordine, esso sarebbe stato eseguito.
Gesù confermò questa comprensione, lodando la fede del centurione: "Neanche in Israele ho trovato una fede così grande". Non lo corresse, né affermò di essere uguale a Dio. Come indicato in Giovanni 5:19: "Il Figlio non può fare nulla da sé, ma solo ciò che vede fare dal Padre", e in Giovanni 5:30: "Non posso fare nulla da me stesso". Gesù riconosceva sempre la sua totale dipendenza dal Padre.
Questo episodio dimostra l’autorità di Gesù come agente di Yahweh, paragonabile al ruolo del centurione rispetto al suo superiore militare. Gesù agiva come uomo, sotto l’autorità di Dio, designato per portare a compimento il piano divino di redenzione. Come afferma Atti 2:36: "Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso".
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